Il poeta sdraiato

Il poeta sdraiato
Sapete che possiamo avere un momento di relax proprio come sa fare questo poeta chagalliano?

IL CORPO DELLE DONNE


martedì 26 maggio 2009

INTELLETTUALITA' DEI SAPERI


Nel corso dell' 800 abbiamo assistito alla crescita di un'età degli storicismi sotto l'impulso del movimento romantico ed i miglioramenti dei metodi di ricerca del marxismo e del positivismo, crescita dei fenomeni dello spirito e dei fenomeni della produzione. Alcuni storici tedeschi poi, tra i processi di unificazione della Germania, della Grecia e quello piemontese dell'unificazione italiana, vedevano nel compimento degli stati nazionali il fine stesso della storia affinando la qualità della ricerca storica che diventò scienza. La scientificità della storia in Von Ranke doveva rappresentare i fatti del passato come sono avvenuti “wie es eigentlich gewesen” e lo studioso doveva eclissarsi di fronte ad essi.
Così, alla storia nell' 800 fu coniato il titolo di scienze. Ma la storia non è scienza, così come non lo è l'economia definita nel secolo scorso, perché sono create ed amministrate direttamente dall'uomo e dipendono da dinamiche imprevedibili all' interno della stessa società umana e dal comportamento dei singoli, quindi sono molto malleabili ed instabili, ossia non c'è un risultato certo ed inequivocabile come 2+2=4 o C+ O2= CO2. Lo stesso vale per le scienze politiche e per le scienze filosofiche le quali, queste ultime, sono illimitate. Ciò è dimostrato dal fatto che queste discipline hanno in comune un limite che è l'impossibilità della replicabilità dell'esperimento. Nulla si ripete esattamente come è avvenuto perciò non è possibile stabilire regole ferree e prestabilite, ma si può stabilire una metodologia di ricerca per tutte.
E' come se avessero voluto coniare il termine “scienza” per dare un titolo importante determinando loro una rilevanza. Sarebbe forse da cambiare il significato di “scienza” quando è accompagnato da queste discipline umane perché sono intellettuali e l'intelletto è plasmabile, illimitato e suggestionato da varie fonti. In seguito l'insieme dei vari intelletti si relazionano, basti pensare l'uso che fa l'economia della matematica, la storia della politica, dei vari saperi e viceversa, così come la filosofia , dando vita ad un output di materiali disponibili.
Detto ciò si può parlare di scienze come risultato dei rapporti tra gli intelletti in quanto inesistenti singolarmente dato che necessitano di influssi da altre discipline. Sarà il caso quindi di cambiare il concetto di scienza intellettuale con “intellettualità scientifica” in nome di questa universalità dei saperi necessaria per la ragione che le scienze “classiche”, matematica, fisica, chimica, medicina ecc... ci spiegano COME funzionano le cose e il mondo, ma non il PERCHE', che cosa sta oltre il funzionamento, non ci danno cioè la vivendi causas, il motivo per cui vivere. Il filosofo Jan Patočka e la sua infinitudine insegnano che è necessario un percorso di introspezione personale per scoprire il proprio sé, ciò che la ragione non riesce a rendere come lo vive l'anima, è la potenza di ciò che realmente siamo. Solo così si può scoprire l'Oltre.
L'uomo parte dalla domanda “perché succede questo?” “come fa...?”, così la scienza gli spiega come tecnicamente succede (es: concepimento, malattia, morte, gioia, euforia, sonno, infortunio, nascita di un fiore, fenomeni atmosferici, spaziali ecc...), ma perché succede ciò che spiegano gli scienziati? Sarà il caso di parlare del limite della scienza tradizionale che è proprio l'esaudire, anche se con la possibilità della replicabilità dell'esperimento, lo studio della dinamica di un organismo o di un fenomeno materiale senza trascendere dalla materialità; infatti oltre le sue stesse risposte la scienza ha sempre alzato le mani.
Qualcuno (come Patočka) spiega il perché con l'esistenza di Dio. Io trovo che ognuno abbia la propria spiritualità e possa credere in ciò che sente dopo l'ascolto del sé.
Ci si spiega così l'importanza delle altre attività umane che nascono da queste introspezioni, l'importanza delle arti e delle espressività che anche esse non sono a se stanti in quanto l'uomo è ricettivo trasmettitore degli influssi esterni e di ciò di cui si interessa. Questo quindi è un altro campo del sapere delle intellettualità delle scienze. Ma se proprio non si trova adatta la parola “scienze” si potrebbe definire tutto questo universo”intellettualità dei saperi”.
Queste considerazioni mi fanno collegare a Michel Foucault che sosteneva che in ogni epoca c'è stato un “discorso dominante” nelle scienze -infatti guardiamo anche l'acquisto del termine nelle discipline accennato più sopra- che inquadrava e delimitava la possibilità di pensiero e di espressione in modo da farli diventare “prodotti ideologici” del discorso dominante: la storia come surrogato e strumento per l'esercizio del potere. Da queste posizioni radicali (gli estremi sono talvolta necessari per capire ciò a cui si va incontro) si ricava la ragione per cui i campi del sapere dovrebbero collaborare e rinnovarsi perché “gli intellettuali devono pretendere di dire qualcosa di radicalmente nuovo”, per dirla con lo storico Richard J. Evans; inoltre lo spazio alle conoscenze darebbe la possibilità di analizzare e considerare una ricerca se valida o pericolosa riconoscendone i suoi limiti, cioè funzionerebbe come antidoto ad esperienze nuove se esse si potessero sviluppare negativamente. Cito come esempio la miopia dell'illuminismo che è stata appunto la sua assenza del limite sviluppatosi in un postilluminismo caratterizzato dall' uso strumentale della razionalità e del prevalere della tecnica che poi abbiamo visto sui campi di battaglia e nell'organizzazione dello sterminio.
Un utilizzo più attento e aperto dei campi del sapere avrebbe recato ascolto alla responsabilità etica e morale? Probabilmente la vita dei cittadini sarebbe rimasta più estranea alle implicazioni del potere, ma ciò non era possibile in quanto mancava il diritto di tutti alla conoscenza e perciò erano in balìa delle decisioni del potere stesso. Questa è una situazione che tende a ripetersi attualmente nell'illusione individuale di essere soddisfatti nel fermarsi sui propri campi (o campo) quotidiani, ma nel corso del secolo le possibilità del sapere sono aumentate per tutti, dunque mi sorprende che ci sia ancora dell'assenteismo.
Itinerari di conoscenze e scambi e l'interessamento in varie discipline per aprire improvvisamente nuove prospettive può solo ampliare il panorama di visioni ed avvicinare alla verità, così come capire il punto di vista altrui e combattere le barriere che ci separano nel presente. E questo è un compito davvero nobile!!

Musica consigliata per mio giubilo: Heinrich Ignaz Franz Biber

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